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Il lavoro minorile va a braccetto con la povertà. Laddove l’unica opportunità di reddito è il duro lavoro manuale è più facile che anche i più piccoli siano costretti a contribuire. Ancora, è sempre la povertà estrema che spinge numerose famiglie ad accettare le offerte di intermediari senza scrupoli per l’impiego di bambini e minori in attività lavorative. Per tale motivo, la vera strategia vincente contro la piaga del lavoro minorile è la riduzione della povertà, soprattutto delle zone rurali dei Paesi del sud del mondo. Parte dalla creazione di alternative di reddito e dal miglioramento delle questioni relative alla salute e alla sicurezza sul lavoro, specialmente in agricoltura. È proprio in questo settore, infatti, che si fa maggior ricorso al lavoro di bambine e bambini.
I bambini hanno un gran vantaggio: costano poco, richiedono meno garanzie e sono facilmente soggiogabili. Per questo sono facile preda di mafie e mercanti. È difficile quantificare con esattezza il numero dei minori costretti a lavorare, perché il lavoro minorile, essendo spesso clandestino e non dichiarato, elude le statistiche ufficiali sull’occupazione. Tuttavia si può calcolare che il fenomeno riguardi centinaia di milioni di bambini, privati del diritto all’istruzione, alla salute, al gioco.
A livello internazionale, il maggior testo di riferimento è costituito dalla Convenzione ILO sulle peggiori forme di lavoro minorile. A livello di società civile, la Global March Against Child Labour costituisce un movimento internazionale per la promozione dei diritti dell’infanzia costretta a lavorare.
Non fare l’elemosina ai bambini per strada ma avvisa i servizi sociali
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Il futuro del mondo passa attraverso i bambini; per questo battersi contro il lavoro minorile, l’arruolamento militare di ragazzi e giovani e in favore dell’istruzione per tutti diventa un modo privilegiato per rendere il mondo più giusto. La storia di Iqbal Masih (1983-1995) ci parla del coraggio di un bambino, assassinato dalla brutalità di un sistema economico e di una tradizione culturale sprezzanti verso qualsiasi diritto dell’infanzia. Nato in Pakistan da una famiglia cristiana molto povera Iqbal è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù in una fabbrica tessile. Nel 1992 trova la forza di fuggire e di raccontare la sua storia dando anche vita al primo sciopero di bambini operai della storia. L’eco della sua battaglia si diffonde nel paese e in tutto il mondo: Iqbal viene premiato, ha la possibilità di studiare, parla in consessi internazionali. Ormai famoso potrebbe vivere ricco e tranquillo ma vuole a tutti i costi restare in Pakistan per continuare la sua battaglia. Viene ucciso il giorno di Pasqua nel 1995 da sicari rimasti purtroppo impuniti.
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