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Cattiva maestra televisione, scriveva il filosofo Karl Popper, riferendosi al ruolo della TV nella società contemporanea: strumento di diseducazione di massa.
Già quest’analisi identifica una questione: la televisione è uno strumento di educazione o un mezzo d’ intrattenimento? Non c’è dubbio che un bambino impari prima e più dalla televisione che non dal proprio insegnante, essendo che già a tre-quattro anni passa parecchio tempo al giorno seduto davanti alla TV. E anche per gli adulti, la principale fonte d’ informazione e notizie rimane la TV. Ad esempio, quello che sappiamo della guerra in Iraq, lo abbiamo visto di persona o lo abbiamo appreso guardando i notiziari sullo schermo? Rispetto a libri e giornali, la televisione ha il grosso vantaggio di richiedere al proprio utente un minor grado di alfabetizzazione, esprimendosi per immagini e suoni, anziché per testi scritti. Ciò rende il media altamente accessibile, anche e soprattutto nei sud del mondo.
Oggi internet sta rivoluzionando la maniera di fare e diffondere informazione e cultura, ma il ruolo della TV nella società non può certo dirsi marginale. Per tale motivo l’Unesco ha istituito questa Giornata mondiale, riconoscendo alla televisione la capacità di attirare l’attenzione su temi di interesse globale e puntando su un mezzo televisivo in grado di contribuire alla promozione della pace, dei diritti umani e della diversità culturale.
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Italia: Giornata nazionale dell'albero
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Anche chi imbraccia un’arma qualche volta può stare dalla parte della giustizia e dell’umanità. È il caso di Jovan Divjak, generale di origine serba che, durante l’assedio di Sarajevo dal 1992 al 1994, cerca di difendere la città bosniaca salvando molte vite umane. Nato a Belgrado nel 1937, intraprende la carriera militare nell’esercito jugoslavo e nel 1966 viene posto di stanza a Sarajevo dove sposa una donna di origine mussulmana. Nel 1992, in contrasto con le azioni violente e la guerra scatenata dalle milizie serbe, sceglie di schierarsi con i bosniaci per amore della città di Sarajevo e dei suoi abitanti, fatto per cui è tacciato di “tradimento”. Negli anni di guerra si prodiga per arrivare a un cessate il fuoco e per proteggere i civili, rischiando sempre a causa della sua appartenenza all’etnia serba. Nel dopoguerra fonda una organizzazione per l’educazione dei bambini e scrive un fortunato libro di testimonianza pubblicato nel 2003 con il titolo “Sarajevo mon amour”. Recentemente è stato arrestato (e rilasciato dopo pochi giorni) dalla polizia austriaca in ossequio a un mandato di quella serba, le cui autorità seppur democratiche, non hanno ancora accettato il suo comportamento durante la guerra.
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