Morire di inquinamento

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La curva dei contagi in questo colpo (speriamo) di coda della pandemia da Covid19 è in rialzo. Eppure feste, raduni, attività in presenza ed eventi affollati sono tornati all’ordine del giorno, nella calura estiva la gente ha di nuovo voglia di ammassarsi, abbracciarsi, dimenticare le paure. Ciò nonostante, i media e gli scienziati radunati nei bar si aggrappano a queste avvisaglie di peggioramento per sparpagliare semi di preoccupazione, avvalendosi tra l’altro di dati probabilmente sottostimati visto l’alto numero di persone che, si ipotizza, sono contagiate ma non lo dichiarano.

In questo quadro paradossale emerge un altro – e forse più subdolo – fattore di pericolo, che peraltro secondo alcune ricerche è anche strettamente connesso con i casi di Coronavirus. E che miete vittime da molto più tempo, senza che però se ne parli.

E allora eccoci qui, a sollevare le responsabilità di un’altra minaccia di morte che incombe su di noi, mietendo 1 vittima ogni 6. L’inquinamento. Dell’aria, dell’acqua e del suolo, minaccia a tutto tondo per la salute globale, dell’uomo e del Pianeta. Un killer che uccide 9 milioni di persone ogni anno.

Aria tossica e acque e suoli contaminati compromettono la sostenibilità stessa delle società moderne: il tasso di mortalità riconducibile a queste cause sovrasta quello delle morti su strada, per HIV/Aids, per malaria e tubercolosi, nonché per abuso di alcol e droghe. Un impatto economico che i ricercatori hanno calcolato in 9 milioni di dollari al minuto. E il cui peso complessivo non è migliorato dal primo monitoraggio avvenuto nel 2017, da quando per cause imputabili all’inquinamento sono morte ad oggi circa 45 milioni di persone (il 7% in più, il 66% dal 2000 in poi). A questo va aggiunto che le azioni di prevenzione sono state ampiamente trascurate nelle agende internazionali, con un incremento nei finanziamenti davvero minimo. Quello che invece è aumentato è il ritmo con cui si bruciano combustibili fossili, quello con cui cresce la popolazione e quello dell’urbanizzazione non pianificata.

Inquinamentocrisi climatica e distruzione della vita selvatica e della natura sono le “questioni chiave a livello globale che i nostri tempi stanno affrontando”, ci dicono i ricercatori. Questioni peraltro interrelate e che quindi, affrontate in maniera integrata, trarrebbero reciproci benefici, a partire da una rapida e massiva virata verso fonti di energia rinnovabili (e non solo per l’ansia generata da una guerra esplosa alle porte di casa).

Quello che gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health, hanno fatto è stato raccogliere e analizzare i dati del report 2019 Global Burden of Disease project (il più recente a disposizione) e presentarli assieme ai relativi piani d’azione consigliati davanti a 11 governi nazionali della Global Alliance on Health and Pollution (GAHP).

Il quadro non è certo rassicurante: dei 9 milioni di decessi, il 75% è imputabile alla tossicità dell’aria: sostanze chimiche tossiche sono state rinvenute in 1,8 milioni di morti, compresi circa 900 mila decessi per inalazione di piombo, la maggior parte dei quali in Paesi a basso o medio reddito. Sono ancora oltre 2 miliardi le persone che non hanno accesso all’acqua potabile. 

È però un dato relativo: l’inquinamento attraversa i confini degli Stati veicolato da vento e trasporti alimentari. Detto in altre parole: il cocktail di inquinamento chimico che pervade il Pianeta ha superato il limite che garantisce la sicurezza e la stabilità degli ecosistemi globali da cui l’umanità intera, e non solo una sfortunata parte, dipende. Svegliamoci: l’inquinamento non è una questione locale, ma una minaccia a livello planetario. Ecco perché è necessaria un’azione globale e coordinata, se vogliamo sperare di arginarne i devastanti effetti.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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