La Germania e il dossier nucleare

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Foto: Unsplash.com

La rinuncia tedesca al nucleare non è una novità. Il tema è tornato d’attualità e se ne sta parlando molto in questo periodo, anche per la chiusura di tre centrali nucleari in Germania nei primi giorni del 2022. Ma si tratta della conseguenza di decisioni prese oltre dieci anni fa: Berlino non sta facendo altro che seguire il percorso prefissato per arrivare, alla fine di quest’anno, a non contare più l’atomo tra le proprie fonti di energia. La scelta di spegnere gradualmente le centrali nucleari è stata presa da Angela Merkel, nel 2011. La decisione seguiva gli incidenti avvenuti poco prima in Giappone, a Fukushima, ed era a tutti gli effetti improvvisa: fino a quel momento la Germania aveva puntato fortemente su questa fonte di energia e, anzi, aveva intenzione di continuare a investirvi in modo da poter rinunciare velocemente al carbone, considerato ormai superato e troppo inquinante. Ma il disastro giapponese ha cambiato le priorità: la Cancelliera è giunta alla conclusione che le centrali rappresentavano un pericolo troppo elevato per la sicurezza dei propri cittadini e ha fatto quindi retromarcia, preparando una repentina uscita dal nucleare e fermando invece il percorso di rinuncia al carbone.

Oggi, mentre la Germania si prepara all’addio definitivo al nucleare – l’ultima centrale dovrebbe spegnersi tra un anno esatto – e può dire di essere riuscita pienamente a fare quanto si era prefissata, la decisione di Angela Merkel rischia di essere valutata sotto una luce totalmente diversa. Se il Paese avesse continuato ad allentare la propria dipendenza dal carbone, infatti, a quest’ora questo avrebbe un ruolo estremamente limitato. Non è così, invece: con lignite e carbon fossile viene prodotto circa un quarto dell’energia tedesca – nella prima metà dello scorso anno le due fonti contavano rispettivamente per il 18 e l’8 percento – e l’obiettivo del governo di Olaf Scholz di uscire dal carbone entro il 2030 è perciò ambizioso e faticosamente realizzabile.

Inoltre, negli ultimi mesi il nucleare è tornato prepotentemente al centro del dibattito pubblico, in qualche modo “riabilitato” e nuovamente visto come una possibile fonte per l’energia del futuro. Numerosi stati europei si stanno muovendo in questa direzione, preoccupati dall’aumento dei prezzi del gas e dalla necessità di trovare fonti alternative al petrolio, almeno fino a quando le rinnovabili non potranno coprire il fabbisogno totale. Inoltre, è stata presa in questi giorni la decisione dell’Unione Europea di inserire il nucleare tra le fonti sostenibili, a certe condizioni e con lo scopo di favorire una transizione verde. Il dibattito, poi, non ha risparmiato nemmeno l’Italia: più volte il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha fatto riferimento alla necessità di prendere in considerazione il nucleare di nuova generazione, per la produzione di energia pulita. La Germania sembra quindi andare controcorrente e, in questo, sembra anche essere priva di alleati. Lo dimostrano le vicende europee: Berlino, all’inizio, si è scagliata contro la scelta di Bruxelles riguardante l’atomo; poi però, una volta trovatasi in minoranza, è passata in fretta ad una linea più morbida di astensionismo...

L'articolo di Pietro Malesani* de  Il Fendinebbia segue su Atlanteguerre.it

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