L’arrivo del seme-bachi nel bellunese

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Foto: Laura Stieven, Serinnovation

Vi è mai capitato di passeggiare nelle campagne venete ad inizio estate e fare grandi scorpacciate di more di gelso? A me per fortuna sì e da piccola non erano rare le occasioni in cui tornavo a casa con la bocca sporca di rosso e scure macchie, quasi indelebili, sulle mani.

Tuttavia, al tempo, davo per scontata la fortuna di beneficiare della presenza di queste preziose piante nel contesto naturale dove vivevo, senza minimamente sapere che con gli anni ne avrei viste sempre di meno. 

Un tempo coltivati per gli allevamenti dei bachi da seta, oggi sono sempre più rari, tant’è che è veramente difficile, se non impossibile, trovare dei gelsi e conoscere il gusto dei loro frutti. Eppure, nel bellunese, c'è chi sta riforestando alcuni terreni proprio con alberi di gelso (Morus L.), con il duplice scopo di far crescere piante utili per l’ecosistema agrario e montano, ma anche per poter disporre di materia verde indispensabile per sfamare numerosissimi e affamati bruchi. 

“Quando abbiamo pensato di riportare nel bellunese l'allevamento del baco da seta (Bombyx mori L.), ci siamo messi in contatto con il CREA Agricoltura e Ambiente, laboratorio di gelsibachicoltura di Padova, ente depositario della storia e del patrimonio genetico del baco in tutta Europa”, spiega Angelo Paganin, uno dei fondatori della cooperativa Cantiere della Provvidenza Onlus.

La gelsibachicoltura fa parte della tradizione bellunese, infatti fino agli anni cinquanta in provincia numerose famiglie si dedicavano alla coltivazione di alberi di gelso, le cui foglie sono indispensabili per l’alimentazione di questo insetto. Il baco allevato nella valle veniva poi portato prima al centro bacologico di Mas di Sedico (BL) e poi alle filande di Vittorio Veneto e Montebelluna. È stato entusiasmante iniziare a entrare in contatto con la storia di questa attività produttiva dalle origini antiche. Pian piano, cercando di approfondire la fisiologia e l’importanza del baco, ci si è aperto un mondo e abbiamo capito che baco non significa solamente seta, ma anche farmacia, cosmesi, mangimistica, biomedicina e molto altro”, racconta Paganin. “Ecco nel 2013 abbiamo deciso di avviare il nostro primo allevamento”. 

La cooperativa è partita con ventimila bachi forniti dal CREA di Padova, un numero apparentemente esiguo, ma se si considera che questi bachi necessitano di 400 g di foglie di gelso al giorno all'inizio dell'allevamento e addirittura 60 kg dopo un mese dalla schiusa delle uova, ci si rende facilmente conto della difficoltà legata al reperire una tale quantità di foglie. “Abbiamo dovuto fare un vero e proprio censimento dei gelsi disponibili in Valbelluna”, ricorda Paganin, “e fortunatamente tutti i proprietari dei terreni dove si trovavano questi alberi hanno acconsentito affinché ne prelevassimo le foglie”.

Con gli anni, grazie ad una collaborazione con Veneto Agricoltura e la Provincia di Belluno, le cose si sono strutturate e oggi il Cantiere del Baco, la parte della cooperativa che si occupa di gelsibachicoltura, può far affidamento su ben 2.100 piante di gelsi.

“Col tempo ci siamo resi conto di una cosa fondamentale, ossia che la temperatura del Bellunese essendo inferiore a quella della pianura veneta, non ci sarebbe stata d’aiuto per una resa competitiva con gli altri produttori di seta. Infatti mentre in pianura gli allevamenti iniziano a maggio, da noi sarebbero potuti partire non prima di metà-fine giugno, quasi un mese dopo. Da qua l'idea di specializzarci in qualcosa che potesse essere di supporto al CREA e abbiamo deciso di dedicarci non alla produzione di seta, ma di uova”, racconta Paganin. 

L’intuizione fu azzeccata e oggi il seme-bachi (uova di baco da seta) provenienti dall’allevamento del Cantiere del Baco vengono fornite al CREA e al centro di ricerca che ne valuta la qualità, a vari allevamenti italiani, ma anche a vari paesi esteri dove sta ripartendo la gelsibachicoltura. 

“Secondo i protocolli di produzione sviluppati dal CREA, tutta la nostra filiera è certificata come biologica e questo credo che sia una delle cose più importanti che caratterizzano l’attività produttiva, perché in questo modo tutto ciò che produciamo è sinonimo di qualità ed è tracciabile”, spiega Tiziana Martire, presidente dalla Onlus. “Inoltre, anche se non ci concentriamo sulla produzione della seta, stiamo utilizzando molto anche i bozzoli, in particolare per la sperimentazione scientifica. Infatti collaboriamo con vari enti di ricerca che estraggono la fibrina e la sericina dal filo di seta, proteine queste molto studiate sia in ambito medico, farmaceutico e biomedicale”.

“Oltre che sul bozzolo, cerchiamo di sperimentare anche sulla materia vegetale. Ad esempio – continua Martire – in questo periodo stiamo portando avanti una ricerca legata alla produzione di integratori alimentari provenienti dalla corteccia del gelso, una volta opportunamente essiccata e truciolata, e questo grazie ad una collaborazione con un’azienda farmaceutica di Milano e una di Belluno”. 

Il Cantiere della Provvidenza fino ad oggi ha creato nelle sue diverse attività una quindicina di posti di lavoro, riavviato, adattandolo, un settore produttivo locale e creato delle economie sostenibili. Per chi volesse saperne di più, può visitare i siti: https://cantieredellaprovvidenza.com/cantiere-del-baco/ e www.serinnovation.it

Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.

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