Ikea: sostenibilità in fase di montaggio

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Foto: Unsplash.com

Il regno dell’arredamento a prezzi accessibili, del design nordico e minimalista, del fai-da-te non solo del montaggio, ma volendo anche della fantasia. Un colosso del mobile che dalla Svezia è arrivato in tutto il mondo, brugola dopo brugola. Un’azienda che ha stuzzicato l’interior designer che si cela in molti di noi, alcuni dei quali riuniti anche in gruppi social che a distanza si scambiano consigli e idee su come hackerare le più famose linee d’arredo per farle diventare pezzi unici, originali e adatti alle nostre case.

Ikea non è certo senza macchia, ma è indubbiamente una realtà che punta ad orientare la sua esistenza e le sue proposte alla sostenibilità, a partire da quelle enogastronomiche dei suoi bistrot e ristoranti, che invitano a contenere gli sprechi e che, ancora in tempi non sospetti per il greenwashing di tante imprese, valorizzavano le produzioni biologiche.

Rimaneva, in queste politiche volte a contenere gli impatti di produzione e consumo, un grande neo. Un concetto di usa e getta che, seppur non apertamente promosso dall’azienda e anzi rinnegato, nel modo in cui si articolano le esposizioni e nel concept di vendita che spesso induce all’acquisto anche di oggetti non necessari, restava dietro le quinte come un’ombra. I mobili e gli arredi Ikea, forti dei prezzi contenuti, innescano anche non volendo comportamenti non proprio sostenibili, anzi, a volte in aperta contraddizione con i principi che su altri fronti guidano l’azienda. Chi acquista dagli svedesi ragiona spesso così: “spendo poco e so che quando si rompe poi cambio”. Un principio che, se da un lato incoraggia il rinnovamento per stare al passo con le tendenze, dall’altro contrasta con le intenzioni di tanti di riparare, riutilizzare, ridurre gli sprechi. Già, perché se per caso perdi una vite o la cerniera di un’anta non è poi così facile sostituirla. Nelle ferramenta di quartiere spesso non si trovano pezzi compatibili e ritornare da Ikea a recuperarli è un’impresa che, dati i pochi centri dislocati sul territorio, a volte diventa anche un vero e proprio viaggio. Per non parlare se il cane mordicchia la gamba del divano o se il gatto si fa le unghie sul bracciolo della poltrona.

Sembra però che le cose cambieranno. Il colosso svedese ha annunciato – ma senza dare ancora una data precisa – di voler rendere presto disponibili numerosi pezzi di ricambio che permetteranno ai suoi prodotti di essere aggiustati anziché sostituiti in toto. Perché è pur vero che i mobili Ikea sono venduti a pezzi, ma in molti casi mai a pezzi separati in maniera tale da permettere la sostituzione di una singola parte.

Nel corso del 2020 Ikea aveva già lanciato una campagna di riacquisto di mobili in disuso (le famose librerie Billy e altre linee) in cambio di un voucher del 50% del prezzo originale, spendibile in negozio. Si tratta di articoli non rivendibili sul mercato del vintage, come accade per altri pezzi di collezioni passate, ma riciclabili a favore di un’economia che si orienti sempre più ad essere circolare, incentivando un modello di business a basso impatto ambientale che, già nell’ultimo anno, ha raggiunto importanti obiettivi, come ad esempio il 98% del legno utilizzato proveniente dal riciclo o da foreste gestite responsabilmente.

Nel corso del 2021 Ikea farà dunque questo nuovo passo: un sistema di vendita online di pezzi di ricambio che permetterà l’acquisto di singole parti, inclusi dadi e bulloni. Una sfida che vale la pena di essere raccolta e i cui obiettivi vanno perseguiti, ma che richiedono indubbiamente sforzi significativi: Ikea per il momento si sta concentrando sul legno, materiale tra i più utilizzati dall’azienda, ma ancora restano aperte le questioni di tanti altri prodotti in plastica o in materiali difficilmente riutilizzabili.

In fondo però resta un aspetto che, che si sia estimatori o meno della filosofia dell’arredamento “alla maniera svedese”, vale la pena considerare: la possibilità di compiere azioni sostenibili, per avere davvero un impatto significativo, deve essere alla portata di tutti, e non solo di un’élite che può permetterselo. Ecco perché le azioni all’orizzonte meritano uno spazio d’attenzione. Perché se non prevedono la possibilità di riguardare tutti e tutte, sono già fallite in partenza.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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