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I vizi dell’America Latina smascherati dal vaccino AstraZeneca
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Foto: Unsplash.com
La campagna vaccinale contro il covid-19 tanto anelata, è diventata repentinamente un nuovo specchio di vecchi problemi del subcontinente latino, tra cui la dilagante corruzione, i favoritismi, l’incapacità cronica di pianificazione e di risolvere grandi sfide. Diversi scandali interni hanno già fatto saltare i ministri della Salute di Argentina, Ecuador e Perù, mentre in Brasile si sono verificati sia una carenza che uno spreco significativo di vaccini. Questo mentre in altri paesi della regione, come Guatemala, Honduras, Nicaragua e Paraguay, sono appena arrivate le prime dosi. Cuba sta sviluppando quattro diversi vaccini propri contro il Covid-19, ma è un caso a parte per effetto dell’embargo che dura da oltre 61 anni e per le riconosciute qualifiche in campo medico e la fiorente industria biofarmaceutica statale.
Tanto per citarli: poche settimane fa, il ministro della Salute ecuadoriano, Juan Carlos Zevallos, si è dimesso dal suo incarico in seguito alle indagini scaturite dall'invio di parte delle prime dosi di vaccini a una casa di cura privata dove “casualmente” si trovava la madre. In Argentina e Perù è venuto alla luce che numerosi funzionari, ex governatori e persone influenti “VIP” della scena nazionale sono stati vaccinati seguendo una corsia preferenziale, senza seguire le regole stabilite per il resto della popolazione. Uno dei tanti diritti che la classe privilegiata si è arrogata “giustamente”, secondo la loro perversa visione.
Qui poco c’entra l’orientamento politico dei governi, la propaganda di destra o di sinistra. Questi sono i problemi atavici di una regione, quella latinoamericana, fondata sulla disuguaglianza di diritti, disuguaglianza di forma e di sostanza. Tutt’ora la regione considerata la più iniqua del mondo, dove gli effetti del Covid-19 si rivelano indirettamente proporzionali ai volumi dei portafogli delle famiglie. Effetti che potrebbero protrarsi nel lungo periodo per certi segmenti della popolazione, come i danni causati dalla chiusura prolungata delle scuole rionali o rurali per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. Secondo le Nazioni Unite sono 168 milioni i giovani studenti che nel Sud del mondo non hanno frequentato la scuola per quasi un anno a causa del Covid-19, una vera catastrofe generazionale.
Lo scoppio di scandali simili è purtroppo una pratica comune, che si ripete periodicamente con schemi simili. La verità è che notizie così terribili non fanno più l’eco che meritano. In una qualsiasi società civile l’aggirare le strutture formali dello Stato per canalizzare i vaccini a proprio vantaggio e sottrarli alla cura delle fette di popolazione più vulnerabili è e deve essere giudicato un reato gravissimo, per non dire disumano. Ma qui vige piuttosto la regola contraria: io proteggo e mi prendo cura del mio, a qualsiasi costo.
Operativamente parlando l’America Latina non era neanche partita male. Già quasi un anno fa molti paesi avevano dirottato la propria attenzione sul vaccino oxfordiano di AstraZeneca. Grazie anche al supporto della Bill Gates Foundation ed ai fondi filantropici del magnate messicano Carlos Slim - uno degli uomini più ricchi del mondo - si era riusciti a contrastare gli alti costi di produzione e a fare in modo che il vaccino venisse prodotto in un paese latino. AstraZeneca decise così che il principio attivo sarebbe stato fabbricato presso mAbxience, una moderna struttura argentina appartenente al gruppo Insud. Il prodotto base sarebbe poi stato inviato ai laboratori messicani di Liomont, che si sarebbero occupati della rifinitura e confezionamento, ed infine AstraZeneca avrebbe effettuato la distribuzione regionale.
Ma a inizio 2021 il piano si è dovuto scontrare con la forte carenza di prodotti elementari come soluzioni saline, fiale e siringhe. Liomont, il cui stabilimento è uno dei più grandi dell'America Latina (1,6 milioni di metri quadrati), ha dovuto intraprendere un processo di adattamento nelle proprie strutture che ha richiesto tempo per disporre della tecnologia necessaria e prepararsi alla produzione di massa, ma ora si ritrova a corto di forniture di base come filtri, sacchetti sterili, fiale o eccipienti biologici. Già a luglio passato, il CEO di AstraZeneca Pascal Soriot aveva ammesso che il problema non era tanto "fare il vaccino, ma riempire le fiale", poiché non ce n'erano abbastanza sul mercato. In questo modo il principio attivo è rimasto paralizzato per mesi nei laboratori messicani di Liomont oltreché in Argentina, in attesa che si risolvesse la carenza di fiale. Attualmente il laboratorio argentino ha raggiunto la capacità di produrre 18 milioni di dosi al mese, ma diverse decine di milioni sono bloccate in magazzino e non possono essere fruite.
Non solo, nel momento in cui si riuscirà finalmente a garantire le forniture necessarie, le dosi confezionate dovranno attendere ulteriori 3 o 4 settimane affinché le autorità di regolamentazione ne verifichino la stabilità, la sterilità e il dosaggio; “tempi che non possono essere abbreviati perché sono processi biologici" a detta degli esperti. Per sopperire al ritardo, AstraZeneca si è offerta di esportare parte della produzione del suo stabilimento indiano in Argentina e Messico, il che ha già permesso l’arrivo di 580 mila nuove dosi. Si parla anche di un'altra soluzione temporanea: siccome il vaccino AstraZeneca non è ancora stato autorizzato negli Stati Uniti, lo stabilimento statunitense della multinazionale - senza problemi di carenza – potrà sostituirsi all'incarico dato a Liomont per alcune settimane. "Abbiamo già inviato l'equivalente di 12,8 milioni dosi dall'Argentina negli Stati Uniti", ha detto Hugo Sigman, proprietario del colosso Insud.
Tutti eventi da mettere in preventivo? Può darsi, ma dispiace vedere questo ulteriore fallimento dei paesi latini, che ancora non riescono a cooperare come sistema e devono dipendere da fonti esterne, ed anche in un’emergenza sanitaria devastante come questa, non riescono a liberarsi di pesi enormi, come la corruzione o la disorganizzazione strutturale, il tutto a svantaggio di una popolazione che lecitamente dovrebbe pretendere di più. L’India e la Cina avevano un gap di sviluppo coi paesi occidentali simile 30 anni fa. Oggi hanno la capacità di produrlo in casa il vaccino. Insomma, si poteva fare decisamente di meglio.
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.