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Sembra che la prima abolizione al mondo della pena di morte sia stata messa in atto dal Granducato di Toscana, nel 1786. Era il 30 di Novembre.
Negli ultimi trent’anni, la maggior parte dei paesi del mondo – soprattutto in Europa, ma anche in America Latina e sempre più in Africa - hanno iniziato ad abolire o quantomeno a non eseguire le condanne a morte. Nel 1970, erano ben 143 in paesi nel mondo che riconoscevano la pena di morte. Oggi il numero è sceso a 56.
L’attuale rivendicazione di sicurezza interna alle società è incentrata troppo spesso sull’idea dell’eliminazione di coloro che si crede siano la minaccia. Questo equivale a rinunciare a credere nelle garanzie che si ottengono con un paziente lavoro di prevenzione e rieducazione.
Se oggi, come visto, molti paesi hanno dichiarato il loro no alla pena di morte, ciò si deve al lavoro di numerosissime associazioni che hanno fatto sentire la loro voce a livello internazionale, permettendo la nascita di una coscienza condivisa sulla violazione irrimediabile della sacralità della vita e della dignità umana che la pena capitale provoca. L’appello per una Moratoria Universale contro la pena di morte, vuol salvare la vita anche al migliaio di persone che ogni anno si avviano verso il patibolo. Molte della quali innocenti.
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Un uomo/mondo che ha saputo cogliere gli snodi più profondi della storia del ‘900, agendo di conseguenza con coraggio e determinazione. Nato a Lucca nel 1912, dopo essersi laureato all’università cattolica di Milano, nel 1940 è ordinato sacerdote nella sua diocesi: negli anni dell’occupazione tedesca si impegna nella resistenza salvando circa 800 ebrei (per questo nel 2006 gli viene conferita la Medaglia d’oro al valor civile). Nel dopoguerra è dirigente dell’Azione cattolica, incarico da cui è rimosso nel 1954 per le sue idee troppo progressiste. Intanto decide di entrare nell’ordine dei Piccoli fratelli fondato da Charles de Foucauld passando il periodo di noviziato in Algeria. Ma la sua destinazione ultima è il sud America: Argentina, Venezuela, Brasile. Resta in quelle terre per quasi 50 anni conoscendo speranze e massacri, dittatura e democrazia, una Chiesa vicina ai poveri e un’altra a sostegno dei potenti. Nel 2006 torna in Italia ormai quasi centenario. La sua spiritualità, i suoi numerosissimi libri, la sua vicenda biografica fanno di Arturo Paoli uno degli ultimi profeti viventi. Seguirne il pensiero e la riflessione è un’avventura interiore e morale difficilmente descrivibile in poche righe. Muore il 13 luglio del 2015.
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